Frantumi
1914-1917
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Testi:
I. Pubblicati sulla rivista La Riviera Ligure: Frammenti, Resoconto dell’escursione, Deliri, Frantumi, I miei amici di qui, Prosette quasi serene, Conclusioni d’ottobre, Bisbiglio a vespero, Circolo
II. Non pubblicati in vita: [Quadernetto di appunti 1914, Definizione di me, Taccuino 15/16, Varsavia, Dialoghi de tempore belli, Presentazione a Dio, L’attività disperde], Così lento andando, Allora qua le rive, A tagliare gli ormeggi
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In questa pagina si pubblicano i testi della sezione I (tranne la prima parte di Delirii) ed i tre ultimi testi della sezione II. Si segue la terza edizione dell´opera: Guanda, Modena, 1938. Per gli altri testi si veda l´edizione di Veronica Pesce: San Marco dei Giustiniani, Genova, 2007.
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[I. I] FRAMMENTI
1) Talvolta quando al tramondo passeggio stanco pel Corso (ch’è vuoto), uno che incontro dice, forte, il mio nome e fa: «buona sera!».
Allora d’un tratto, lì sul Corso ch’è vuoto, m’imbatto stupito alle cose d’ieri e sono pur io una cosa col nome.
2) Quando ti stringo la mano e tu ripigli sicuro il discorso di ieri, non so qual riverbero giallo di ambigua impostura colori di dentro l’atto di me che t’ascolto. Fingo d’essere con te e non ho cuore a dirti d’un tratto: «Non so chi tu sia!». Amico, in verità non so chi tu sia.
E come tu vuoi ch’io rinsaldi l’oggi all’ieri labbra d’abisso, ferita divaricata dell’infinito?
3) Mi fermi per via chiamandomi a nome, col mio nome di ieri.
Ora cos’è questo spettro che torna (l’ieri nell’oggi) e questa immobile tomba del nome?
4) Tepido letto del nome, sicura casa dell’ieri! Soffice lana dei sofferti dolori, sosta ombrosa delle gioie lontane. Nave sul mare. Zattera di naufraghi.
Ma l’oggi, è, via, come una cateratta aperta. Nubi cangianti nell’abissale cavo del cielo.
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5) Tu resti saldo-piantato nell’ieri specula alta dell’oggi, ed attento vi spii tutte le cose, ciascuna secondo il suo nome.
Che nessuna ti sfugga ecco il tuo ufficio, e che tutte si seguano secondo l’ordine giusto. Che tutte s’incastrino e facciano insieme un regolato disegno. Che nessuna ti sfugga, né vi sia salto.
6) Constipi i tuoi giorni nel calendario dei dodici mesi; le tue ore le misuri sul picchiettio di una ruota.
Perciò al settembre segue l’ottobre e l’effetto alla causa. L’ieri tien le redini all’oggi e le chiama dovere.
7) Come faticoso vivere sul metro dell’ieri! Ma, bue al giogo, prosegui. L’oggi è l’ieri e pingue la stalla s’apre al fine del solco.
8) Trama tessuta, conti le fila della tua vita e nessuna è strappata.
9) Il mio nome è Giovanni e se mi chiami, pronto rispondo. Adesso e nell’ora della mia morte. Appena, il mattino, su mi isso dalla varia nube del sogno, mia madre dice piano «Giovanni» alla porta socchiusa, e, quasi, io sono di nuovo.
10) Non mi torrete il mio nome; lo imbraccio come uno scudo. — Tra la smarrita paura dell’ieri e l’oggi vissuto ho messo a ponte il mio nome.
11) Il dovere è il mio diritto; non m’impedirai di compirlo.
12) Difendo il dovere che l’ieri m’assegna, come l’assalito la casa. Chiusa gelosia, voluttà di un fisso dovere nel mareggiar dell’arbitrio! Ragiono ogni mio atto timoniere alla ruota.
13) La più certa ricchezza è ch’io posseggo un numero mio all’Ufficio di Anagrafe. Ho un titolo e delle attribuzioni: sapete chi sono. È chiaro ad ognuno ch’io debbo nel tal caso agire così. E, dentro, il segnavia della mia coscienza comanda a ogni bivio: «piglia a diritta!»
14) Voi sapete chi sono e cioè cosa ho fatto: sapete che cosa farò. Pongo le mie azioni come pietre miliari e livello con scrupolo l’ultima sulla penultima.
15) Giustifico ogni mia mossa seconde la regola. Nel tempio dell’ieri ho, ginocchioni, adorato il penate Esperienza,
l’ho effigiato nei dieci comandamenti e teologizzato nei commi del codice. E trovatemi una briccica d’atto di cui non vi sappia spiegare il perchè! Faccio ogni cosa secondo un perchè e sono un uomo morale.
16) Non mi sorprenderai inaspettato, né il balzo del mio cuore nuovo. Non esiste l’oggi od il nuovo, né la passione ruggisce. Modero la mia sete sulla misura della mia borraccia. E così non avrò rubato alla sete degli altri e sarò un uomo morale.
17) Ho studiato le molteplici connessure del mio ieri con l’ieri di tutti ed ho riconosciuta la necessaria Società. Ho nettamente tracciata la carta della società, sul mappamondo dell’Universale il quale è l’ieri d’Iddio. Ora io consulto ad ogni respiro l’astrolabio dell’universale navigante che piglia l’altezza del sole.
18) Sono corazzato dell’universale ed il mio nome è coscienza. Nave all’ormeggio, specula salda su roccia s’avvicendano intorno le notti coi soli ed io resto immobile nella certa coscienza di me.
19) Ma ahi no! che l’oggi mi vince e sono un naufrago senza la zattera. Ahi che l’ieri rapido vagulo crepita via, secca foglia nel vento! Son tutto nell’oggi ed il mio nome è attimo.
20) Quando la sera rincaso e mi seggo all’acceso camino, fuori la valle è grigiume di nebbia e notturna opacità. Non esiste il passato. Che mai è il ricordo?
21) Non trovo nel codice il comma dell’azione mia, né il comandamento della mia morale.
22) Non pietre miliari di una diritta via; massi erratici ed oasi.
23) Ho scordato il mio nome: ho perduto i miei passaporti in paese nemico.
24) Drizzai l’avida prua ai ghiacci del Nord, incerto mi dondolo ora nelle bonaccie lisce del Cancro.
25) Il mio nome è oggi, e la mia via si chiama smarrita. Non ci sono insegne ai bivi dell’andare mio e non so s’io abbia imboccato a man dritta.
26) Vagabondo che non sai donde viene e stanotte ti brucierà il pagliaio, ciascuno che incontro mi guata con occhi nemici. Veggo nella titubanza delle tue pupille che io ti sono come l’acqua che fugge.
27) Ahi ch’io non ho letto, ahi ch’io non ho tomba! Ahi ch’io non so chi mi sia e non conosco né cosa né uomo!
28) Sedetti al tramonto su d’una soffice proda contro il sole a scaldarmi, ma si levò subito dopo un gelido vento e fu la notte.
29) Perchè io sono triste ora? Ma perchè io sono gioioso? Non intendo la ragione della notte e del giorno.
30) S’io godo della mia gioia e dico «così ogni mia ora» ecco d’un tratto mi si leva dentro l’amarezza del pianto, come nebbia da una nera palude.
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31) Come vuoi ch’io prometta se non so del domani? Non intendo che cosa sia promessa.
32) Tra dieci anni ci rivedremo? Ma chi tu vedrai fra un’ora? Ahi che bastò il giro di un giorno.
33) E perchè fingi di non aver mutato? Che il tuo vivere sia secondo ragione te ne compiaci. Arrangi le prove del tuo mutare secondo l’apparenza dell’immutabilità.
Io, per me, ciò che volli non l’ho compiuto.
34) Dici del ricordo che lega il tuo oggi al tuo ieri. Ma io sul ricordo dell’ieri ho misurato la disparità dell’oggi e l’impossibilità del legame. Ho rinunciato a ridurre il mio oggi nello spettro dell’ieri e non forzo con infingimenti la mia vita ad apparirti ordinata.
35) Cieco a cui caschi il bastone, via gettai tutte le vostre logiche. Foglia nel vento, barca nel mareggiare; ma non cerco la sbarra.
36) Dico che non v’è timone. Volontà e passione, vuote parole.
37) Passione e volontà son tutto nella gioia dell’oggi, e tutto nel presente dolore.
38) Sono disperatamente gioioso e sono senza speranza triste. Credo con violenza all’Inferno e sono de facto certo di un Paradiso.
39) Perchè la mia vita non si fabbrica su progetto, pezzo per pezzo, come i palazzi di pietra e non corro a una meta cavallo al traguardo. Non ho avvenire perchè non ho passato. Non avendo ricordo, nemmeno speranza.
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40) Vampa di fornace il mio desiderio; e come l’abisso della notte il mio annichilimento. Io non so che gioire, io non so che soffrire. Non ho riparo al dolore, né tempero, con riflessioni, la gioia.
41) Rinuncerò alla cosa che amo s’io non ho scampo fuori di essa? Il mio amore, è via scattato dalla disperazione, così come l’odio.
42) E come potrò rinunciare alla donna che amo s’io non sono che amore della donna che amo? Come tu vuoi ch’io non arda pel corpo della donna che amo s’io non ho altro corpo che il suo?
43) Non mi torrai dalla chiusa prigione dell’attimo con vane chiacchiere sull’infinità dell’eterno.
44) Non v’è altro eterno che l’attimo.
45) Pietosamente mascheri alla mia disperazione la tua felicità.
46) Sei chiuso nella tua gioia com’io nel mio dolore.
47) Dallo scoppio della mia gioia, come una ferita, il tuo soffrire. Compiuto il mio desiderio, con stupefazione ecco il tuo pianto.
48) Ma ciascuno si dibatta nel suo oggi, carcerato nella cella.
49) Scatto le pugna contro la chiusa muraglia; o, bestia spaurita, mi raggriccio nel canto a guatare. È vano che tu mi consoli.
50) Oh dolcezza dell’essere a braccio, lenti per via! Oh nel sonno voluttà del tuo corpo molle-allacciato col mio! Ma ahi che bastò il giro d’un giorno.
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51) Ritmo del tuo respiro confuso leggiero nel mio. Gracilità delle tue membra, trepida allodola nella carezzosa prigione della mia mano! Ed averti innanzi rivo chiacchierino, tra scogli.
52) Tremulo diafano nella immobilità della notte, ruppe con taglienti lame il mattino. Sognai gonfie le vele, navi al ritorno; bottini di gioia come ricolme cornucopie. Con dilatata pupilla, bimbo alla fiaba: «Di dove? ma come?» . — Nacque il sole al tramonto; ostinati, quali dal buio occhi, mi fissarono?
53) E non fummo la felice corrente di due acque confluite? — Ma l’eterno fu un attimo. — E bastò il breve giro d’un giorno. Ciascuno fu nel suo oggi come in serrata prigione.
Nov. 14.